Una testimonianza e una riflessione

Una testimonianza e una riflessione

«Mi chiamo Benjamin. Ho 28 anni. Oggi mi definirebbero un migrante economico: sono nato nel Nord del paese e da più di 10 anni mi sono trasferito a Yaoundé e lavoro come operaio dai Carmelitani Scalzi. Due anni fa mi sono sposato con una ragazza del Nord, ed ora abbiamo una bambina. Sono analfabeta. Con il lavoro mi sono comprato una moto con la quale faccio il moto taxi negli orari che sono al di fuori di quelli del lavoro (la mattina dalle 6.00 alle 8.00), la sera dalle 18.00 in avanti, sabato e domenica. Guadagno così qualcosa in più per la mia famiglia. Lavorare non mi pesa. Non ho avuto una formazione religiosa, e qui in città ho incontrato una chiesa protestante che ho iniziato a frequentare. Vado alla Messa la domenica, partecipo alle attività della comunità, sono anche diventato diacono. E’ bello sentirsi parte di una comunità di fratelli, è bello poter pregare insieme il Signore in quella che è la sua casa. Tutto era bello fino a settimana scorsa. Abbiamo scoperto che il nostro pastore ha rubato i soldi della comunità. La cosa ci ha fatto male, ma non troppo (purtroppo qui da noi queste cose sono frequenti e non ci si meraviglia neanche più di tanto). I membri della comunità avevano comunque deciso di fare un incontro per chiarire le cose perché non è giusto chinare la testa di fronte alle prepotenze. Anch’io, in quanto diacono, sono stato invitato a questa riunione. Domenica scorsa nel pomeriggio mi sono preparato, ho messo il vestito bello, gli occhiali da sole, ho preso la moto e sono andato nella nostra chiesa.

Appena sono arrivato un gruppo di fedeli mi ha aggredito violentemente. Erano della stessa etnia del pastore e non volevano che si facesse nessuna azione contro di lui perché era un membro della loro tribù. Io sono del Nord, qui ci considerano un po’ ritardati, e soprattutto siamo lontani dalla nostra terra e dalle nostre famiglie, nessuno ci protegge. Mi hanno picchiato. Mi hanno buttato in un fosso che era a fianco della strada e continuavano a darmi pugni e calci. C’era la polizia lì vicino, e ha detto a questa gente che se volevano uccidermi che almeno mi portassero più lontano, in un posto un po’ più riparato che era lì a fianco. Mi hanno rubato tutto: occhiali, documenti, la moto (che avevo comperato con fatica…), mi hanno strappato anche la camicia bella che avevo messo. Sono riuscito a fatica a rimettermi in strada e farmi accompagnare dai Padri per raccontare tutto l’accaduto. Nei giorni successivi sono andato al Commissariato con le fotocopie dei miei documenti e la fattura di acquisto della moto (per fortuna l’avevo conservata), ma sono del Nord e il poliziotto mi ha fatto un sacco di storie. Non so se riuscirò più a riprendermi la mia moto. Sono contento che mia moglie e mia figlia, almeno loro, stiano bene. Ma come può esserci una violenza così grande nella casa del Signore?»

Quel che avete appena terminato di leggere riguardo a Benjamin è tutto vero: la sua storia personale, gli avvenimenti, il suo vissuto. C’è una pagina del Vangelo che pare riproponga la stessa violenza, durezza, chiusura in nome di una presunta superiorità legata all’esercizio di un potere, all’appartenenza a una ‘classe sociale’ e/o a una casta … che ogni volta che si afferma, non può che farlo nei termini di una cruenta prevaricazione omicida. E la domanda di apertura del testo, che è dell’Evangelista Giovanni (Gv 8, 31-59)  si pianta come un chiodo nella mente e nel cuore: «La vostra esperienza di fede, di rapporto con Dio, vi ha reso veramente liberi da questa violenza che si scatena ogni volta che venite toccati su ciò che ritenete un vostro privilegio, e che è tale solo a prezzo di una prevaricazione sugli altri? Vi accorgete di questa cosa o siete ancora ciechi?» (P. Fausto Lincio, Provinciale).

 

Questa crisi non è certamente una grazia, ma è invece una grandissima opportunità… opportunità di esercitare la nostra fede… la fede è come un muscolo, va esercitata, e come andare in palestra, ma qui si sviluppa qualcos’altro, e quale periodo migliore di questo? Non vado più alla Virgin Active, vado alla Catechesi Active! Come potremmo meravigliare Dio se, non nonostante, ma proprio in questo periodo avessimo in noi la vera gioia! Cosa ci può mancare d’altro! Cosa può fare d’altro per noi? Alziamo lo sguardo, abbiamo i piedi sulla roccia! In Siria, Padre Ibrahim durante la Via Crucis di Pasqua di due anni fa diceva: Svegliatevi occidentali, abbiamo enormi potenzialità! Sarei si, più felice se solo ….. e dopo viene il nostro idolo del momento…. Se solo non ci fosse il virus, se solo guarissi, se solo avessi un lavoro migliore, se solo avessi una casa più grande, se solo mia figlia non avesse sedici anni, se solo se solo…. Gesù ha aperto le porte della prigione, ma sta a noi uscirne, e noi siamo ancora dentro, lì, con la porta aperta davanti a noi… Occorrono occhi nuovi, è inutile cercare Dio nelle pieghe della realtà, Lui è la Realtà, è già lì! Me ne accorsi anni fa quando guardando la tazzina del mio caffè alla mattina, mi accorsi che Dio era quella tazzina. Era gialla e mi sorrideva! Tutto è Sua manifestazione… occorre solamente lavorare sull’equazione che ha scoperto Padre Kolbe: V=v, dove “V” è la volontà di Dio e “v” e la volontà dell’uomo, è la formula della santità, è il lavoro di una vita. Occorre solo credere! Una tua domanda mi è piaciuta: sapresti rendere ragione a chi ti chiede a che cosa serve credere in Dio? Non mi piace molto invece questa parola: servire… A cosa serve amare? Mi spiace, sei tu Don che ci hai insegnato questi parallelismi! A cosa serve amare mia moglie e le mie figlie? Certo, dall’amarle traggo anche dei vantaggi, serve alla mia vita, ma le amo per questo? È perché dovrebbe essere diverso per Dio? Penso che l’attrattiva sia importante dimostrarla perché siamo allo stesso tempo testimoni, per trasmetterla agli altri, e questo è metodo di Dio, ma sono ancora a questo punto del mio amore per Lui? Mi serve l’attrattiva nei momenti di debolezza, ma non determinano la mia vita, come non la determinano la paura e la mancanza di speranza, di fiducia. Non credo perché la fede risponde alle mie domande, credo perché sono fatto per credere, perché mi viene chiesto di credere, e per amore rispondo credendo! … “Ma Dio, anche il Papa è venuto tutto solo sotto la pioggia a chiederti di far cessare tutto questo, ma guarda cosa sta succedendo quaggiù, guarda quanta cattiveria, quanta sofferenza, quanta tristezza …..” “Io ho fatto tutto quanto volevo e potevo fare… ho fatto te!”

Alessandro

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