Scelte motivazionali dell’Ingresso nella vita religiosa

Scelte motivazionali dell’Ingresso nella vita religiosa

L’INCONTRO CON LA FEDE

La maturazione progressiva del mio percorso di fede ha trovato nel tempo, lavorando il sottosuolo più profondo dell’anima e abbattendo le dighe e le resistenze interiori dell’uomo vecchio, il suo naturale sbocco in questa scelta di vita o meglio non una scelta strettamente personale, ma il mio sì alla proposta di Dio e all’ accettazione gioiosa del fatto che tale, non sia una mia decisione, ma il farmi “tracciare” dalla mano del Dio conosciuto e che mi ha chiamato. Non desiderato, non cercato, non pregato e non interpellato, ad un certo punto della mia vita ecco che Egli mi è semplicemente “accaduto”. Questo accadimento così improvviso, l’Incontro totalmente gratuito della sua misericordia, la sorpresa e lo Scontro con il suo “essere Persona”, mi hanno portato prima a “sentire” e poi a voler “vivificare” , questa forte presenza di Volontà d’Amore che mi plasma e rinnova a sua immagine. Quando mi sono inscritto in questo percorso di vita-sequela, ho compreso il senso evangelico secondo il quale l’atto dello Stare e del Seguire non si possono disgiungere, ma camminano sempre letteralmente di pari passo. L’unico modo per essere insieme a Gesù, per amarlo davvero è Stare sempre presso di Lui e l’unico modo per Stare con Lui, è il Seguirlo ovunque mi porti. Seguire ciecamente in un atto di speranzosa e totale fiducia, dove intendo che la “scoperta della mia cecità”, dopo l’incontro cristico, e la consapevolezza dell’essere una pessima guida per me stesso, si traducono in un atto di obbediente disposizione alla guida dolce e sicura del suo amore. Un cieco non “vede” la luce, ma quando essa lo illumina, ne “sente” la bellezza e la concretezza del calore nella carne e ne percepisce in modo altrettanto solido nello spirito l’essenza intima della sua natura. Da questa sorta di “cognizione sperimentale” ,come direbbe Teresa d’Avila, da questo conoscere che non è un vero e proprio vedere, ma una specie di “intuire” il Chi e il Che cosa è Dio , nasce la Fede dall’ “intra-vedere” il suo essere appunto Luce, cioè Verità-Amore. Ecco quindi che non sono più un cieco che proceda alla cieca, a tentoni, brancicante, ma un Uomo-amante che cammina o corre tenendo la mano di Colui che Ama e guida, disposto a qualsiasi costo a non scioglierne la stretta. La strada di Cristo diviene così la mia strada e se io con le mie mancanze e debolezze dovessi cadere, allora sarà certamente Lui a rialzarmi e a trascinare me e il Peso-Morte della mia Croce. Se per grazia invece dovessi io sostenere per pochi momenti la sua insopportabile Croce, Dio mi avrà allenato con estrema pazienza e formato ad essere per quel momento un buon Cireneo. Secondo lo spirito teresiano del “nada te turbe” mi abbandono alla sua volontà senza ossessioni e timori sapendo che Dio non chiama chi è capace, ma rende capace chi chiama. Qualsiasi cosa accada, con le parole di Paolo, mi basta la sua Grazia, e la sua Grazia è la mia unica forza.

L’INCONTRO CON IL CARMELO

Nello svolgersi di questa ondata vitale, l’incontro con la spiritualità carmelitana e l’orazione teresiana è stata sia una forza del tutto ri-significante e rigenerante dell’esperienza di fede nello spirito, sia la scoperta e il “rispecchiamento” del mio personale “sentire” e soprattutto “sperimentare” Dio nella dimensione quotidiana del vivere concreto. Non il leggere in sé, ma il capire di “Stare” cominciando a comprendere la

vita di Teresa d’Avila, e la sua esperienza mistica, è stata senza dubbio l’esperienza più dinamica ed entusiasmante che abbia vissuto nell’intimità del cuore. Se mi si dovesse chiedere seccamente perché vorrei diventare sacerdote, risponderei:“Perché la Parola di Gesù Cristo mi commuove”, e se mi si chiedesse perché carmelitano scalzo darei una risposta pressoché simile: “ Perché la Parola di Gesù Cristo Ascoltata da Teresa mi commuove”. Per “commozione” non intendo naturalmente un sentimentalismo vuoto o un sentore emozionale fugace, le “lacrimucce” ( per usare l’espressione di Teresa ) che ogni tanto vengono ai praticanti sterili di tanti “devozionalismi usa e getto”, ma una potenza spirituale che davvero smuove, che realmente penetra e distrugge l’inutile se non addirittura il marcio, per poi ricostruire. Qualcosa insomma, piantato e radicato poi così bene, da non mutarti a chiacchere, ma un seme di fuoco purificatore che prima mette in luce quello che non va e poi ti dona la forza di provare ad “incarnare” quel mutamento. Una Pasqua di risurrezione che secondo l’etimologia della parola stessa indica un “passare continuo” e che dunque svela un “passaggio”, un varco non pianificato in cui decidere o meno di essere condotti. L’orazione al modo di Teresa, la chiave della vita contemplativa che passa attraverso la “sacratissima umanità di Cristo”, mi ha permesso, lontano dalle distrazioni di una vita futile e traballante in quanto edificata sul vano e sulla ricerca del superficiale, di iniziare ad edificare sulle fondamenta di un silenzio complesso e colmo d’amore dove rincontrare Dio ogni volta che busso alla porta della sua dimora. La vita di preghiera carmelitana mi ha regalato l’insegnamento più prezioso ossia che l’accesso a tale stanza non si trova in chissà quale spazio esterno e separato da me, segregato in una lontananza irraggiungibile, ma semplicemente dentro di me. Troppo spesso la parola dell’uomo, interna ed esterna, annulla il silenzio ed impedisce quindi la base dell’orazione e questa continua mancanza d’ascolto rende impossibile un’esperienza di comunione con Dio. L’assenza di limite alla parola dell’uomo, toglie lo spazio in cui Dio ci parla. Il raccoglimento nel silenzio, il fare spazio all’ascolto, si rivelano al contrario i terreni più adatti ad essere irrigati da Dio. La contemplazione di Gesù Cristo trovato in sé al centro della nostra umanità, presuppone un percorso spirituale di complessità inaudita, segnato da atti di semplificazione e di essenzializzazione finalizzati al godimento nell’amore e all’assorbimento della conoscenza ricevuta, che è sempre nel salire lungo il sentiero dell’orazione, non solo un aumento di grado d’intensità, ma una aggiunta di Novità e che come tale deve sempre essere digerita e ritradotta nella pratica.

Incontro- Fede e Seguire-Stare: la vita religiosa carmelitana

La somma sintetica del mio percorso si traduce effettivamente in questa doppia dicotomia. Il loro incontro fecondo approda alla vita religiosa carmelitana. L’incontro gratuito di Dio mi ha permesso di sviluppare una fede che deriva anche per così dire dall’ “intender non intendendo” teresiano, un conoscere che, certo nel mio caso, è più un lambire, uno sfiorare che non un afferrare. Il “sentire” dell’esistere del profumo della bontà divina mi danno la certezza e la volontà di correre verso ciò che sta oltre l’esperienza di questa promanazione. Da tale Incontro dunque nasce la Fede alla trasfigurazione orientata alla tensione cristica sul modello evangelico di Cristo stesso, l’Uomo-Dio nella storia, e che mi dà la forza d’amore di seguirlo nonostante tutto il “ mio malgrado”. Dalla conoscenza dopo l’incontro sono giunto alla Fede, da questa ultima al “Seguire” e dal seguire infine allo “Stare”. Il Seguire poi lo Stare presso, mi ha condotto al Carmelo. Il desiderio quindi di totale sequela e dono, di darmi interamente a chi amo, mi portano alla volontà di vita consacrata e di vita consacrata come carmelitano, là dove Dio ha scelto lo Seguissi per Stare con Chi amo.

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