Romania: I Carmelitani Scalzi accolgono profughi dall’Ucraina

Romania: I Carmelitani Scalzi accolgono profughi dall’Ucraina

Romania: I Carmelitani Scalzi accolgono profughi dall’Ucraina

La Romania è uno dei paesi in prima linea che si è generosamente mobilitato per fornire immediato aiuto e soccorso ai profughi ucraini. I carmelitani del convento di Snagov (Bucarest) ha spalancato le sue porte per accogliere i profughi.I Padri hanno scritto una lettera ai loro confratelli Veneti che riportiamo di seguito:

«Cari Confratelli, care Consorelle e cari Amici,

vi scriviamo dal nostro convento di Snagov, in Romania: p. Antonio, p. Marco, p. Mihai e p. Tarcisio, dentro la comune grande preoccupazione di questi giorni. Era il 24 febbraio e, nonostante le sicure e ingenue speranze, hanno invaso l’Ucraina. Eravamo confusi e purtroppo attenti allo svolgersi dei fatti clamorosi: aerei, carri armati, soldati, missili e bombe, distruzioni.

Ma presto le immagini cominciavano a riportare anche le file e file di automobili e di uomini a piedi che scappavano. Non potevamo pensare soltanto alla gente che scappava. Ci siamo anche domandati: noi che possiamo fare? Siamo un Paese di confine e già appaiono i rifugiati. Abbiamo un convento grande e attrezzato: dobbiamo muoverci, non possiamo più solo pregare, come già facevamo nelle nostre liturgie per la pace, dobbiamo agire. E così, come noi, anche i nostri amici del Villaggio dei Ragazzi, dove ci sono tre case con sei appartamenti che sono stati messi tutti a disposizione. In tanti amici, in particolare quelli legati alla comunità del Movimento Ecclesiale Carmelitano, che si sono messi al lavoro: pulizie, automobili, cucina, traduttrici, etc. ma anche viaggi fino al confine (4 ore di auto) a prendere i profughi bisognosi di assistenza. Una bella umanità, un brivido di speranza e di solidarietà. Una telefonata al P. Provinciale e si parte: era il 28 febbraio… I primi ad arrivare sono studenti stranieri che frequentavano università ucraine: devono tornare ai loro Paesi di origine (Marocco, Egitto, Kazakistan…).

Poi sono mamme ucraine (o di altre nazionalità) che sono fuggite con i bambini, qualche famiglia straniera che ritorna in patria con i figli. Hanno bisogno di un’accoglienza, di una pausa sicura, di un pasto caldo, di lavarsi, di dormire soprattutto (“Grazie! E’ la prima notte che dormo dopo cinque giorni!”). E questo offriamo, più poche parole, perché almeno noi frati abbiamo studiato latino, greco e un po’ di francese, mentre riusciamo a usare solo qualche parola di inglese…! Welcom God By. In fondo, però, ci si capisce: parla per tutti la piccola oasi di serenità che possiamo offrire e parla la loro riconoscente soddisfazione di averla trovata. Poi segue un gran lavoro di telefonate per coordinare, di automobili che portano alla stazione o all’aereoporto, di sveglie che ti chiamano nella notte per prendere qualcuno o portare qualche altro, di cucine che preparano e di pulizie che mettono in ordine, di medicine, di lavanderia, di ambasciate, etc. Si tratta di una ospitalità veloce, breve, ma necessaria perché almeno per ora tutti abbiano una destinazione chiara. Dall’Italia ci chiedono notizie e fotografie: si vuol sapere e vedere come è qui da noi, come si trovano, forse un sorriso di speranza o di riconoscenza. Ma i volti sono provati, preoccupati, a volte un po’ persi. Come facciamo a far loro una foto? Non abbiamo il cuore di farlo. Per rispetto. Per pudore…Hanno interrotto i loro studi, compromesso il loro futuro (i giovani), hanno lasciato il loro marito, il loro papà, la loro casa i loro amici, il lavoro e non sanno per quanto e se mai torneranno e se, tornando, si ritroveranno. Come quello di ogni uomo e di ogni donna, anche il loro cuore desiderava tutto: invece hanno perso molto, quasi tutto. Noi abbiamo messo a disposizione fuggevolmente qualcosa, perché sperino ancora. In Dio e, almeno un po’, ancora anche negli uomini…».

Da un breve report di Sat2000, trasmesso il 13 di marzo, veniamo conoscenza di Alina rifugiata, da Odessa: “Abbiamo percorso oltre 1000 chilometri, soprattutto di notte, per non essere visti. Lungo la strada c’erano macerie. Poi, ad un certo punto, eravamo sotto i bombardamenti. Il mio unico pensiero era mettere in salvo i miei genitori e mia figlia. Sono sicura che il Signore mi ha guidato sin qui. Voglio ringraziare la Chiesa che ci sta accogliendo. Grazie anche all’Unione Europea, che è accanto al nostro popolo”.

La terza domenica vissuta in guerra è stata per i profughi ucraini, così, all’insegna della pace. Romeni e ucraini, hanno pregato insieme nella stessa Chiesa del Santuario degli Scalzi a Snagov. Cattolici e ortodossi con una sola voce hanno invocato la pace. Suor Giuliana, francescana missionaria, ha letto il Vangelo in russo per i profughi ucraini, e c’è chi ha fatto fa un video da inviare a casa a chi non poteva andare a Messa per colpa dei bombardamenti.

Nell’omelia il priore padre Antonio Prestipino ha detto, commentando le parole del Vangelo: “Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa”: «Quando martedì alle 1:00 di notte abbiamo accolto Olivia (una bambina di pochi anni ndr.), con la mamma e la nonna, lei ci ha chiesto subito di mandare una foto al papà, per mostrare anche a lui quanto era bello il posto. Gesù traccia per noi un percorso simile, ci conduce nel buio per farci vedere la luce, come con gli apostoli che vanno verso Gerusalemme, come Abramo, condotto nella notte per vedere le stelle […]. Siamo tutti pellegrini, in movimento […]. Stiamo camminando verso una patria, dove la bellezza ci fa’ andare avanti, ci conduce fino all’esperienza di Dio che si manifesta come luce, come speranza. La nostra carità rappresenta le mani di Dio».

Alla Messa concelebrava Padre Marius Taloș, gesuita assistente spirituale di un gruppo di pellegrini legati ai Gesuiti della Romania, in ritiro al Santuario: Così ha descritto l’esperienza che assieme al suo gruppo stava vivendo con gli ucraini: «Gesù parla con Elia e Mosè riguardo il suo esodo, la stessa cosa che condividono i profughi ucraini con noi. La Bibbia è un libro di Dio scritto da dei profughi. Non l’ho mai sentito così attuale. Lo scritto dell’Esodo descrive la nostra condizione attuale. Venerdì alla stazione dei treni di Bucarest, il cantautore Tom Odell, in transito, vedendo i rifugiati provenienti da nazioni diverse vicino al nostro sportello GRS (Servizio Rifugiati Gesuiti) si è fermato a cantare per la gente, dicendo: “L’Europa mi sembra più piccola qua, più solidale”. Anche io mi auguro un Europa più piccola che non guardi più a confini e differenze sociali».

Vito d’Ettorre, giornalista di TV2000 in visita al centro per documentare l’attività dei carmelitani, dopo un giro delle frontiere con l’Ucraina, ha condiviso con i postulanti della provincia veneta, di cui il Santuario noi le sue impressioni: «La Romania si è ritrovata come la “Lampedusa di Europa”, l’accoglienza è organizzata ovunque fino a case private e conventi. L’esperienza al Carmelo di Snagov è bellissima. Ho intervistato prima una signora in fuga dall’Ucraina: appena arrivata qui, entrata in chiesa, ha urlato a squarciagola: “Signore, dacci la pace!”. Chi è in fuga ha bisogno di trovare la spiritualità più del pane, come accade in questo Santuario»

Dopo la Messa i bambini giocano nel parchetto del Monastero, le famiglie ucraine tornano nelle loro stanze per poi pranzare in una domenica all’insegna dell’accoglienza.

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