30 anni dalla fondazione del monastero di Figuil

30 anni dalla fondazione del monastero di Figuil

30 anni dalla fondazione del monastero di figuil

A Figuil il 17 dicembre dello scorso anno il Carmelo Teresiano ha festeggiato i 30 anni dalla fondazione. Le monache erano circondate dalla presenza di 43 sacerdoti, una ventina di suore e seminaristi del Seminario Maggiore. Più di 300 persone hanno assistito alla Messa e hanno festeggiato a seguire con loro. C’era anche la presenza dell’Arcivescovo Faustin Ambassa e del vescovo Bruno Ateba di Maroua-Mokolo.

Nella sua omelia, l’arcivescovo ha ricordato che “la consacrazione è un atto di verità e di giustizia nei confronti di Dio. ogni cristiano ha la missione di rivelare al mondo i benefici di Dio. per questo la vita consacrata è importante nella Chiesa, ci ricorda la necessità di rimanere sempre uniti al Signore. la famiglia diocesana di Garoua deve quindi rallegrarsi di avere le monache carmelitane, che sono una grazia di Dio per la Chiesa locale”.

Dopo l’omelia, le monache di Figuil hanno rinnovato i obbedienza, povertà e castità. Sono poi seguiti, al termine della Messa, gli interventi al termine della messa del vescovo di Maroua-Mokolo, padre Jacob Bouba, padre Bertin Madjitoloum e l’arcivescovo.

La celebrazione dei 30 anni è proseguita successivamente attorno a un pasto festivo offerto nel giardino delle monache.

—-

Era il dicembre del 1991 quando le 5 fondatrici giunsero a Figuil provenendo dal Congo RDC (di là le carmelitane camerunesi erano partite dopo la chiusura del Carmelo di Yaoundé), dal Rwanda e dalla Francia. Si erano messe in cammino dai quattro angoli dell’orizzonte per raggiungere Figuil, senz’altra speranza che in Dio solo, perché sarebbero state davvero folli se avessero contato sulle loro forze. Così il Signore ha superato ogni attesa facendo TUTTO per loro.

La fondazione fu ostacolata dalla situazione politica del Congo RDC, le sorelle sono arrivate con il loro misero gruzzolo perché i fondi previsti per la fondazione non erano stati sbloccati. Le 5 fondatrici sono le sorelle, Marie Élisabeth, Marie Blandine, Marie Thérèse, Bénédicte–Marie e Pétra. Sr Marie Josèphe le raggiungerà qualche mese dopo.

All’arrivo a Figuil la prima preoccupazione delle monache fu quella di trovare una fonte di guadagno. Non avevano niente essendo partite in tutta fretta come gli Israeliti in fuga dall’Egitto. I fondi bancari previsti per la fondazione non erano certo stati sbloccati all’improvviso, in considerazione di loro. Hanno allora allora lavorato di ingegno preparando scatole di conserva, strappando le loro tuniche per farne dei filtri per il caffè, ecc. Tutto questo è stato vissuto come occasione: quella di imparare a trovare rapidamente soluzioni di emergenza nella loro piccola casa provvisoria.

Si sono presto accorte che non bisognava contare sull’artigianato nel posto in cui si trovavano. Avevano progettato di vivere facendo le sarte, avevano anche pensato di produrre delle stoviglie con la ceramica, ma, là dov’erano, chi avrebbe comprato i loro prodotti quando si trovavano sul mercato dei recipienti in plastica a prezzo bassissimo e delle balle di vestiario? Che fare allora? Lo Spirito che lavora sempre, ha suggerito questo come soluzione: trovare qualcosa nel campo alimentare… L’essere umano ha sempre bisogno di mangiare e di bere, da ciò non può sfuggire. Aiutate dall’esperienza di sorella Marie Élisabeth, hanno iniziato la produzione di una bevanda tonificante a base di erbe medicinali. Non era costosa e non richiedeva troppa materia prima. Fin dai primi mesi hanno potuto nutrirsi con il suo ricavato ed anche comprare la loro prima tonnellata di cemento per le fondazioni, con chili di monete da 100 F CFA, cosa che ha molto stupito il cassiere! Quelle donne hanno occupato il monastero dopo che le 8 prime celle furono costruite e là, hanno deciso di trovare un’altra sorgente di reddito.

L’idea di avere un forno per la ceramica le accompagnava da tempo. Ma, essendosi documentate, si erano presto accorte che esso richiedeva un forte consumo di elettricità che noi non potevano avere. Hanno pensato di fare del pane perché averlo a Figuil era un’impresa. Il pane arrivava da Guider (30 Km) in tarda serata e già secco. La fabbrica di cemento aveva un piccolo forno per soddisfare i bisogni del personale, così chiesero dei vecchi mattoni refrattari per costruirne uno. Benché ne avessero avuti in buona quantità, il forno non fu mai costruito perché non sapevamo bene come farlo e il cantiere del monastero richiedeva tutte le loro energie.

Iniziarono a parlarne tra loro. A Garoua, situata a 100 Km da Figuil, si trovava un rappresentante di una società francese che vendeva del materiale per la panificazione. Fu un tempo importante quello trascorso così, alla ricerca di una soluzione, di esercizio del discernimento comunitario. Bisognava lanciarsi in questa grande avventura? Nessuna tra loro conosceva il mestiere; intraprenderlo le spaventava, sotto tutti gli aspetti, dalla produzione alla vendita. Ma lo hanno scelto infine, stimolate dal fatto che rispondeva a un bisogno reale della popolazione: da quelle parti mancava una panetteria.

Sono andate molte volte a Garoua per visitare una panetteria. Hanno guardato i locali, l’organizzazione del lavoro, la manutenzione delle macchine, la qualità del pane, la produzione etc. C’erano anche le tasse, questo richiedeva numerose formalità amministrative perché il pane era soggetto a quell’epoca alla TVA (Tassa sul Valore Aggiunto). Bisognava dichiarare la produzione di pane. Da un giorno all’altro si sono messe a studiare le procedure amministrative e giudiziarie. Sono diventate architetti in erba, facendo loro stesse la pianta della  futura panetteria, aiutate dalla società che vendeva loro il materiale. Il locale fu costruito rispettando il regolamento in vigore. Tuttavia una cosa è fare del pane, altra smerciarlo. Fu necessario cambiare le abitudini alimentari della popolazione. Fu necessario anche essere decise al momento di essere pagate a non accettare crediti.

La cosa più difficile fu riorganizzare la vita in monastero, in modo che si mantenesse un equilibrio tra preghiera e lavoro. Dovevano organizzarsi affinché il lavoro della panetteria non facesse loro dimenticare il motivo per cui erano a Fuguil. E ciò richiese di fare delle scelte. Per esempio: non aumentare la quantità di pane, visto che il tempo della preghiera e la vita fraterna non ne sarebbero state avvantaggiate. Era una lotta quotidiana perché la popolazione e le autorità amministrative incalzavano senza sosta su questo punto. Numerose altre difficoltà relative al mestiere di panettiere e la loro vocazione di carmelitane non davano respiro. Il peso del lavoro giornaliero ripetitivo è spesso penoso, soprattutto durante i mesi caldi. Dovevano essere decise sulla distribuzione della produzione giornaliera con orario fisso: esigere che la vendita cominciasse alle 10,30 e terminasse alle 13.00. Il problema dell’approvvigionamento della farina, dell’olio combustibile, ha loro mostrato la necessità di avere un mezzo di trasporto. La manutenzione delle macchine e l’urgenza di piccole riparazioni le hanno trasformate in riparatori, tecnici e meccanici. Com’è accaduto ciò? Quando c’era una difficoltà facevano venire un tecnico, guardavano dove era il problema e come veniva trovato ciò che era rotto. Si sono documentate e la generosità di alcuni tecnici ha permesso loro di apprendere come fare piccole riparazioni.

Si aggiunse un’altra difficoltà: il lavoro in gruppo, in equipe. Bisognava imparare a lavorare insieme, a essere tutte responsabili, cioè a portare la responsabilità dalla preparazione della farina per la pasta fino alla fine della vendita del pane perché se una trascurava il proprio lavoro era tutta la produzione a essere compromessa. E’ accaduto uno o due volte che la sorella incaricata della madia abbia dimenticato di mettere il lievito. Si dovette ricominciare da capo: togliere il pane dalle tavole, rimettere la pasta nella madia, reimpastare….

Ma la panificazione non ha solo difficoltà, ci son anche aspetti positivi. Consente di aver un lavoro vero, come i fratelli che mangiano con il sudore della fronte, di vivere del lavoro delle proprie mani. Questo lavoro rafforza i legami fraterni. E’ anche un lavoro adatto alle donne perché non richiede molta forza fisica. La panificazione permette di far fronte non solo ai bisogni della comunità monastica ma anche a quelli di numerose famiglie, essa dà lavoro ai rivenditori del pane. In più si ha del buon pane fresco per il consumo giornaliero.

Per le nostre monache fare il pane è come pregare. Cristo si è donato in nutrimento sotto l’aspetto del pane. Volete sapere tutta la spiritualità del pane? Nel fare il pane bisogna coltivare la tenerezza e la bontà perché il pane è tenero e buono. Per fare il pane bisognerebbe essere sempre pronti al sacrificio, come il pane che si lascia spezzare e lasciarti spezzare per quelli che ti sono vicini, a metterti al servizio dei fratelli e delle sorelle. Una preghiera? “Aiutaci Signore a essere PANE per gli altri come Tu lo se, TU”. E con Sant’Ignazio d’Antiochia: “Io sono il frumento di Dio e sarò frantumato dal dente delle fiere affinché si riconosca in me il pane purissimo di Cristo”

Durante la costruzione del monastero suor Bénédicte è diventata molto amica di un commerciante. Un giovane di 23 anni che non sapeva scrivere e che aveva un piccolo negozio a Figuil. Vendendo una carriola, alcuni chiodi e lamiere…. è riuscito a compiere il proprio pellegrinaggio alla Mecca, diventando un Alahji. Nel corso degli anni suor Bénédicte gli ha insegnato a compilare le fatture e tra i due è nata una buona confidenza. Ora essi si chiamano: mio fratello e mia sorella. Quando lui presenta suor Bénédicte non esita a dire: “è la mia sorella che mi ha fatto crescere, è grazie a lei che sono diventato quello che sono oggi”. L’amicizia continua e in segno di riconoscenza ogni anno ci porta in dono vuoi una scopa, uno strofinaccio, una gallina e un rastrello. Insomma qualcosa per ciascuna di noi!! Suor Bénédicte poi non manca mai di presentargli tutti gli amici che ci vengono a trovare: è veramente suo fratello. E noi ripartiamo sempre con delle bevande da bere a casa, perché egli sa che le sorelle non bevono in pubblico. Una volta l’anno, per i saluti del nuovo anno, suor Bénédicte va da lui. Viene ricevuta bene e le sue mogli vengono a salutarla. All’inizio di dicembre del 2016, suo padre di 80 anni viene ucciso nel centro di Figuil da dei banditi. Tutti gli abitanti di Figuil rimasero colpiti e le monache stesse diventarono più prudenti con consegne di sicurezza molto restrittive.

Il lavoro permette alle nostre monache di avere buone relazioni con tutti. Sono relazioni di accordo, di tolleranza e di rispetto. E in 30 anni ha permesso loro di sentirsi parte di una realtà più grande della loro, dando a questa realtà il proprio contributo. Quello di mostrare in fondo che … «DIO solo basta».

No Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.