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Dall’Opera Messa della Carità: una testimonianza

Dall’Opera Messa della Carità: una testimonianza

Alla mensa dei poveri, il nostro servizio di valore…

Da tempo, noi operatori del Ferraris sentivamo l’esigenza e il desiderio di uscire dagli schemi classici del CDD, aprendoci sempre più alle realtà territoriali e costruendo per e con i nostri ragazzi, nuovi percorsi capaci di promuoverne l’integrazione sociale, migliorando al contempo ancora di più la qualità della loro vita.

L’idea di attivarci nel mondo del volontariato, è nata, quindi, dalla nostra voglia di fare cultura e di portare “fuori” i nostri ragazzi: il disabile, non solo colui che riceve aiuto, ma anche colui che è in gradi di prestarlo agli altri senza aspettarsi coppe né medaglie in cambio. Perché per noi operatori è importante offrire ai nostri ragazzi la possibilità di trovare nel confronto con gli altri e nei vissuti di vita vera e reale, gli stimoli giusti per rinforzare la propria autostima e il benessere emozionale.

Tra le varie esperienze di volontariato all’attivo, una delle più ricche ed arricchenti è quella che svolge uno dei nostri ragazzi con una operatrice presso la mensa dei poveri “Opera Messa della Carità”, gestita dai Carmelitani scalzi, in via Canova 4 a Milano e resa possibile grazie alla disponibilità ed accoglienza di Padre Paolo, gestore di questo servizio.

Ogni mercoledì, con il nostro sevizio, ci impegniamo a divulgare questa cultura dell’ascolto e dell’accoglienza che crediamo sia un percorso di crescita bilaterale, sia per il ragazzo che per gli altri volontari e ospiti della mensa.

Adriano è un ragazzo autistico che, come tutte le persone autistiche, ha difficoltà nella sfera comunicativa e relazionale, ma da quando hai iniziato il volontariato, nel contesto della mensa, ha mostrato numerose capacità e risorse a livello sia operativo che personale, nello svolgimento dei compiti affidatigli e nel rapportarsi con i volontari e gli ospiti, dimostrando di possedere un mondo interiore di notevole ricchezza. Perché è questo che riesce a mostrare, a ricordarci e a trasmettere: il suo essere persona, prima ancora che autistico.

Inizialmente, il suo servizio consisteva nell’occuparsi dell’apparecchiamento dei tavoli e nella composizione di piatti freddi, mentre ad oggi si è cimentato anche con successo come aiuto cuoco e, esperienza ancora più gratificante e dal ritorno umanamente intenso, nella distribuzione del cibo agli ospiti. Un percorso che si è rivelato un successo su tutti i fronti, fin dal principio, avendo come cartina tornasole la sua serenità, il viso sorridente e la dolcezza con cui si rivolge e parla dei suoi “amici poveri”. In questo contesto lui si sente e si vive adulto, capace di fare e uguale agli altri, dimostrazione, che l’apertura la reale, al vero, all’altro è autentica fonte di ricchezza e benessere, per se stessi e per gli altri.

Ogni mercoledì, appena arriva alla mensa, saluta tutti i suoi “amici” spontaneamente, va in spogliatoio e indossa il suo camice e il cartellino del volontario, suona la campana (quanto ci piace il suono che fa!), che segna l’inizio del suo servizio e, ormai in totale autonomia, si organizza per apparecchiare i tavoli, in un salone con una capienza di 80 posti a sedere. Una volta finito, ecco il momento tanto atteso, quello della “merenda” tutti insieme, dove, seduti ad un tavolo, si consuma un dolce da lui preparato apposta il giorno prima al CDD, che rende questa condivisione di gruppo più dolce ed invitante, anche per chi, come il cuoco, non vi prendeva mai parte direttamente. La presenza e la specialità di Adriano si sono rivelate una fonte di grande curiosità ed arricchimento per tutte le persone presenti in mensa, che, ognuna a modo proprio, ha saputo rapportarsi a lui riuscendo a portare a casa nuove conoscenze sul mondo dell’autismo e della disabilità e soprattutto un nuovo pezzetto di umanità, trasmettendolo a sua volta a lui. Chi collaborando con lui nella preparazione dei piatti, chi nella distribuzione del cibo, tutti contribuiscono alla crescita reciproca e alla valorizzazione delle capacità, operative e soprattutto umane.

E poi ci sono loro…gli “amici poveri”… scendono le scale con visi imbronciati e scuri, ma in tanti, quando vedono questo ragazzo che, con fare dolce e luminoso, si rivolge a loro dicendo: ”Buongiorno, vuoi uno yogurt?”, si lasciano contagiare dalla sua positività e “bellezza” …ed ecco un sorriso o uno sguardo addolcito spuntare sul loro viso mentre gli rispondono o chiedono il suo nome. Questa è una comunicazione che sa raggiungere un livello profondo e toccante, capace di riempire crepe e ferite personali, dandogli spessore e riempiendole di colore e nuova vita.

Esistono strade piccole, strette, nascoste, quelle che notano in pochi, quelle che non urlano per rendersi visibili…Sono fatte di passi semplici, di voglia di essere e di esserci, di conoscere e conoscersi, di voglia di fare, di dare e ricevere, di colori segreti e luminosi…E li, su quelle strade, ci sono sempre emozioni che aspettano di essere vissute e raccontate…un racconto fatto a più mani, che solo ad essere ascoltato sa trasmettere la specialità e meraviglia di ciascun narratore e di quel pezzetto di sé che ha saputo arricchire, arricchendo…e questo è il nostro…

Valorizzare quel che ognuno sa fare, per quanto poco sia, vuol dire riconoscerne la dignità umana, e riconoscersi in questa dignità. Dentro questa visione c’e’ solo coinvolgimento, senza quel pietismo che involontariamente marca la distanza dall’altro e segna l’impotenza a farsi così prossimo da assimilarsi all’altro per condividere la sua fatica, per fare insieme la strada dell’inserimento nel sociale, perché anche il più debole possa avere la possibilità di dare alla sua vita lo stesso significato che ciascuno vuole dare alla propria.

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